sabato 28 novembre 2015

Identità.

E se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te.

La realtà e l’apparenza sono in continuo turbinio, interscambio e lotta. L’uomo è sovente vittima delle sue illusioni. Gli esseri umani confondono realtà e fantasia, si auto-suggestionano o subiscono il fascino dell’incantatore di serpenti. Tutti indossano un secondo volto. Senza la maschera perdono la propria funzione principale. La potenza dell’apparire spesso annulla la ragione dell’essere, si insinua lieve e ipnotizza. Poi, gradualmente, quel volto perde forza e intensità come quegli scontrini dimenticati nelle tasche. Sbiadiscono. Perdono valore. Vita. Significato.

Non sono morto. Ma ho già ricominciato a camminare.


martedì 27 ottobre 2015

Outside.



Outside there is snow,
and what other people think,
but inside this room there is only you and me.



Almeno il tempo, poco, di baci, pochi, di strette, poche, di parole, poche.

Al primo ascolto è stato chiaro, sì, la voce sicura, ferma, risoluta, orgogliosa, essenziale, convincente, forza motrice diversa e strana, sposta sbilenca e instabile quel che non si sarebbe mai incontrato.

Nulla di languido, approccio distante dallo svenevole e usuale contatto con altri. La dolcezza, quanto basta, sostenuta da avvolgenti abbracci, si satura nello sguardo compiaciuto, nel sussulto finale, nel verso che accompagna, precede e accarezza l'ultimo sfiorarsi.


Silently, Quietly, Going away.








sabato 26 settembre 2015

Capitolò.

Sguardo audace al passato e surreale al presente
Il futuro è un capitolo nuovo, la nuova sfida: non più celata dietro la coltre dei forse e ma perché?, ma orgogliosamente in evidenza in equilibrio con il tessuto trasparente e impalpabile di giovane sensualità che per la prima volta assottiglia le distanze con il mondo dell'irrimediabilmente lontano. 


Sono sensazioni sciolte, storie personali e quotidiane nelle quali prevalgono libertà e immaginazione. Tutto il superfluo è stato eroso e abbandonato per far sgorgare un unico abbandono, un sì limpido, liquidissimo, elaborato e sviluppato fino all’ossessione e allo sfinimento. 


Un oceano di suoni da attraversare e per farsi attraversare, si alternano nella struttura della pelle a anche più a fondo, brano a brano, senza che nulla intacchi l’uniformità e la forza dell'atto, vorace, potente che trascina e si fa trascinare nelle braccia e dalle braccia. Virus, contagio, cura, guarigione.



sabato 8 agosto 2015

Ci sono.



Ci sono genti che son fatte per ascoltare gli altri. Sicuramente non per parlare di sé. Risultano insicure, poco incisive e malferme nelle intenzioni, cosicché per nulla comprensibili e facilmente fraintendibili. Tutto ciò che direbbero potrebbe essere usato contro di loro. Se proprio sentissero il bisogno di esprimersi, lo facciano con l'impiego di un avvocato. Lui saprebbe, lui potrebbe, lui dovrebbe. Parlare per voi. Dire, forse in maniera non giusta, ma corretta. Forma. Non sostanza. Apparenza. Non sostanza. Inganno. E sostanza. Lui parla. Tu annuisci. Quando sarai stanca, spegnilo. E accendi musica. Funziona.



Ci sono genti che crescono sentendosi dire che son sbagliate, che non son fatte nel modo giusto, che non parlano nel modo giusto, che non si comportano nel modo giusto, che non pensano né agiscono nel modo giusto. Superano prove sempre nuove, ostacoli sempre più alti, ma solo per caso. Non credono di farlo in virtù delle proprie capacità, del proprio talento. Vanno avanti, come espressione vivente di uno sbaglio finendo coll'autoconvincersene. La voce. Saprebbe, potrebbe, dovrebbe. Parlare per voi. Agire per voi. Pensare per voi. Suono. Non sostanza. Aria. Non sostanza. Burla. E sostanza. Parla. Tu annuisci. Quando sarai stanca, spegnila. E accendi musica. Funziona.




domenica 12 luglio 2015

L'anno del Gatto.

Quelli che sembra che interessino a tutte, quelli che pensi non li piglierai mai sul serio, quelli che immagini che sfoggino indifferenza stampata a caratteri cubitali su sfondo di t-shirt nere. Nere. Scure. Quelle su cui ti stagli chiara. Bianco su buio. Son lampi di genio. Luce che affiora come il ricordo di un'estate recente, ma che appare anche così lontana. Tempo. Passato. Sepolto.

Quelli che poi non interessano a nessuna, quelli che sai che li hai pigliati troppo sul serio, quelli che, nella realtà son stati indifferenti puri, tanto, con indosso t-shirt nere. Nere. Scure. Quelle su cui ti sei spalmata oscura. Nero su buio pesto. Son stati colpi di fulmine. Secondi contati e ricontati come il presente di un'estate ancora da trascorrere, ma che appare anche già vissuta. Tempo. Presente. Andato.

In mente canzoni a brani, contesti, mondi interi, icone, storie, rapporti, corpi a brani, parole, immagini, fantasmi. Tutto si materializza e si disfa davanti agli occhi, più vivido che mai, e allo stesso tempo ancora da compiere, echi di uno stile inedito, un riff circolare che rimane impresso.

Raccontami qualcosa. Improvviso il guizzo di curiosità scaturisce da un angolo remoto dei tuoi tanti deja-vu, un nome che ti sembra ricordare che hai nascosto nella scatola sul ripiano più alto. Dimmi cosa ti è successo negli ultimi dodici mesi.

Ma a me non va più di parlare.
Mi si capisce sempre di più a gesti.
Espressioni.
Segni.
Rughe.
Movimenti impercettibili della coda.
Vibrazioni. Vibrisse.
Pelo rado o folto.
Unghie fuori.
Stiramento.
Vado via.



'One stage before'
Al Stewart 
1976

mercoledì 10 giugno 2015

V a d o .






http://youramusoduro.tumblr.com/post/119591436295/illustrazione-drawing


'Io sto con…'. 'Io esco con…'. 'Io mi vedo con…'. Mi faccio tanti dubbi io. E anche quando, una volta fugati, ci ritorno su, son lì, immutati. Me li rifaccio. Le persone no. Quelle, una volta perse, son risucchiate in un vortice sconosciuto e che non mi do pena di conoscere. Potrei rincontrarle, sì forse, in un altro luogo, in un'altra epoca, ma rimarrebbero perse e io le saluterei come facce già viste, ma collocate chissà dove, quando e perché? Nel mio inventario d'esistenze, nella autobiografia mia, non vengono citate se non per mezzo di iniziali. E a quelle iniziali riuscirei ogni volta ad attribuire un nome e un cognome e un soprannome nuovi. Ho sempre voglia di materia, poca di aria, di pratica, per niente di teoria. Non prendo nota, scorro veloce, memorie, traversate, contemplo brevemente. Son cosciente che tutto tenda a scomparire e perciò prima che accada, assaggio, gusto, consumo. Non ho tempo per recuperare tracce superficiali, scavo a fondo, verso la densità. E vado avanti a dispetto del sorriso stampato su quella fotografia, per rispetto di quel gesto e di quella espressione felice. Sbiadirà, ma io sarò lontana, distante, salva.
'Mi vedo con…'. 'Esco con…'. 'Sento…'. 'Sto con…'. No, non sono impegnata. No, non ho un rapporto. Ho un hobby. Son solita intrecciare vite, tessere trame e unirle tra loro. Ho cominciato GoT dalla III stagione, Breaking Bad dalla IV, Mad Man dalla VI, Black Mirror dagli episodi di natale, True Detective da Colin Farrell. Non seguo il filo delle storie. Dipanare credo sia sempre riferito almeno a un chilo di casereccio e le briciole… quelle le lascio alle formiche.

mercoledì 13 maggio 2015

Ri-suona

{È da stamattina che mi risuona in testa}

[Ci sarà un motivo]

(Sì che c'è e so benissimo quale sia)

Come quando ti balena in testa un'idea. Come un'incursione continua. Come loop di 'Lo sapevo io'. Come pseudonimo di gruppo dietro cui ti celi te, solista. Come aria cristallina che ti chiarifica l'intento. Come colpo inferto, immaginario, ma anche più doloroso.



Come schiuma ondeggiante. Come rivolo che avanza e s'allunga. Come immagine di me riflessa su specchio. A me. E viceversa.




Ultimamente son qui più spesso che su altri social http://youramusoduro.tumblr.com


Come scia boreale all'imbrunire. Come pullulare subacqueo di there must be a way. Come impeto frenato I suppose they never will be.



Come te che giochi con i punti. Come me che cerco di seguire i tuoi. Come punto di forza in due. Come sognare ad occhi aperti 'troppo o troppo poco'. Come spirito catturato. Come totalità solo abbozzata. Come forma per niente plasmata, ma non per questo meno realistica.

(Non cito volentieri)

[Ma questa volta lo faccio]

{Ci sarà un motivo, e io so quale sia}



The Crunch by Charles Bukowski

too much too little

too fat
too thin
or nobody.

laughter or
tears

haters
lovers

strangers with faces like
the backs of
thumb tacks

armies running through
streets of blood
waving winebottles
bayoneting and ****
virgins.

an old guy in a cheap room
with a photograph of M. Monroe.

there is a loneliness in this world so great
that you can see it in the slow movement of
the hands of a clock

people so tired
mutilated
either by love or no love.

people just are not good to each other
one on one.

the rich are not good to the rich
the poor are not good to the poor.

we are afraid.

our educational system tells us
that we can all be
big-**** winners

it hasn't told us
about the gutters
or the suicides.

or the terror of one person
aching in one place
alone

untouched
unspoken to

watering a plant.

people are not good to each other.
people are not good to each other.
people are not good to each other.

I suppose they never will be.
I don't ask them to be.

but sometimes I think about
it.

the beads will swing
the clouds will cloud
and the killer will behead the child
like taking a bite out of an ice cream cone.

too much
too little

too fat
too thin
or nobody

more haters than lovers.

people are not good to each other.
perhaps if they were
our deaths would not be so sad.

meanwhile I look at young girls
stems
flowers of chance.

there must be a way.

surely there must be a way that we have not yet
though of.

who put this brain inside of me?

it cries
it demands
it says that there is a chance.

it will not say
"no."

The love is dog from hell

domenica 3 maggio 2015

Paralleli e.

Solaris. 1972. Andrej Tarkovskij.

Sono una patita di paralleli. E sono anche una partita per la tangente. Perché quando dici che vuoi il mio bene ti credo, ma se continui a misurarne l'intensità, insisti a definirlo in un determinato modo e dai in escandescenze quando scappa di chiamarlo diversamente io, semplicemente, casco, giù, senza nemmeno far finta di barcollare, anzi, volontariamente punto il vuoto e mi ci infilo. 

Can't get there from here. Clint Mansell. Moon OST.

Dream. Eduard Artemiev. Solaris OST.

Sono l'affezionata ai paralleli. Proprio di quelle situazioni che corrono a distanza sempre uguale e i cui punti estremi, origine e fine, non si incontreranno. Mai. Ci rivedo molto di me: immaginazione=realtà; studi=realizzazione personale; aspirazioni=lavoro; viaggio=c/c; amore=pubblico/privato; cassetto=tana. L'ho aperto stamattina, quello noto per essere scrigno pieno di sogni, ne è uscita una fila di formiche.

Moon. 2009. Duncan Jones.


I doppi. I paralleli.

giovedì 30 aprile 2015

10mille.me

È cominciata con un paio di palleggi, sulla spiaggia, alla fine d'una giornata intera trascorsa al mare. Dopo la gara di tuffi, il panino e la birra, la passeggiata sul bagnasciuga, la partita a scopa, la noia si fa sentire, stai decidendo se fare armi e bagagli e andare, quando intravedi in controluce il su e giù di una palla al di là delle dune. In piedi li scorgi più chiaramente: tre tizi in cerchio.
Ti avvicini e li senti: ad ogni tocco corrisponde una battuta, ad ogni ricezione un pezzetto di racconto e tra uno scambio e l'altro costruiscono un dialogo, scrivono una storia. T'insinui tra loro. Il più piccoletto ti nota. Primo passaggio.
'Tocca a te!'. Nemmeno il tempo di rifletterci su. È come penetrare in una stanza buia, ma riconoscendo comunque i contorni delle cose, come slanciarsi nel vuoto, pur sapendo che troverai braccia pronte ad afferrarti. Secondo passaggio.
Ora sei parte dell'opera, un frammento della scrittura, tratteggiato a colpi di grafite, ricalcato a carboncino, estratto col taglierino, sagomato col bisturi, riempito con carta pesta, intarsiato con le sgorbie,  ridefinito a pennellate. Terzo passaggio.
È maschera che indossi e incarna un personaggio, è persona trasformata e nuova, è insieme di identità distinte e complementari, è gruppo di espressioni e di tipi caratterizzati e via via sempre più definiti.
È cominciata con un gioco, continua come una gioiosa partita. E via. Eterno passaggio.


lunedì 13 aprile 2015

incomunicabilità

Non posso obbligarti a non conoscere, trovare il nuovo, guardarlo, considerarlo interessante, bello, volerlo, prenderlo. Non posso costringerti a non guardare. Ma vedi? Capisci? Senti? Come in un paese straniero in cui si parla una lingua incomprensibile, costretti a fermarsi a guardare le labbra, quel movimento impercettibile di lingua e denti, gola e palato, i suoni senza senso, i sensi senza suono. Muti e sordi come in una apocalittica atmosfera, chiusa da oscure minacce, angoscianti giochi a tradurre gesti ed espressioni di visi estranei, imperscrutabili e poco familiari. È un gioco assurdo. L'una ha conseguito studi legati alla comunicazione, ma nulla sa, l'altro è istrione e brillante, e tutto sa, e nulla possono per avvicinarsi ai rispettivi linguaggi. Seguono rimpianti e recriminazioni, enigmi irrisolti e cupo erotismo. Censura. Taglio. Inopinato cambio di set. Fine.




giovedì 26 febbraio 2015

Qual è la questione.

Macché intrattenimento. Mai stata una showgirl. È un manifesto generazionale, un atto rivoluzionario, l'espressione di dissenso, il disappunto politico e umano. Capace di incarnare lo spirito della rivolta, un istinto primordiale ch'è fuoco acceso, sfogo impetuoso e fa cenere ch'arde per ore. E nella stanchezza e nella noia, nel disincanto e nella quiete successive all'amplesso già ripensa e pensa a quello dopo. 
Troppo lontano. Troppo tempo.

Vuole tutto lei. Non le piace spizzicare. Assaggiare. Ché comincia a spiluccare, ma il grappolo deve afferrarlo forte o avvolgerlo e si farebbe vipera fosse volpe e lui troppo in alto. C'è l'uva che non riesce a raggiungere e, piuttosto che morirne, ci rinuncia. Non prima di averla irrorata col veleno. Nessuna deve goderne se non può lei.
Troppo lontano. Troppo tempo.



Il richiamo era forte. Non avrebbe potuto essere altrimenti visto l'incipit viscerale: parole trasudanti voglia, conquista, libertà, dominio. Sentimenti tanto contrastanti a fare cerimoniale nero, invettiva e tregua, fuga e sosta. È avvenuto, lo scontro tra due personalità diverse, scosse e placate da movimenti chiari, inequivocabili. La distanza s'è annullata.
Troppo tempo.

È stata una battaglia a viso aperto, una sfida vinta e persa da entrambi. Nudi l'uno di fronte all'altra. L'uno nell'altra, emergenti ogni volta dall'oceano di rabbia e passione ch'è difficile tradurre se non invadendo, straziando. C'è il tempo in cui si cede e ci si concede, s'abbassa la guardia, ci si abbandona, ci si lascia e le distanze s'allungano di nuovo.
Troppo lontano.


Musiche di 
Joan as Police Woman 

Terry Callier.

lunedì 2 febbraio 2015

rivela.

I periodi migliori son quelli che passano inosservati. Quando sei felice facci caso. Guardati dentro e fuori. Ti si riveleranno, come i segreti, di cui tu e solo tu conosci l'esistenza, san fare. E tu sorriderai compiaciuto, intimamente soddisfatto. Tutto preso dallo strambo e dallo scombinato, quel disordine interiore che diventa armonia, la sconcertante rivelazione d'essere parte integrante e non solo spettatore, l'incoerenza, la confusione… gli sbalzi d'umore, l'esaltazione dei sensi e la parola quella parte di te ch'arringa e con la lingua, come un laccio, tutti intorno se l'attira, immobilizzandoli al loro posto.

Spaventoso sovvertimento dei sensi che trasformava quell'attimo in infinito sbalordimento.



martedì 13 gennaio 2015

At least. For now.

Corpo nudo. Turgido. Scuro. Viso scavato. E non solo. Figura e didascalia celate dietro un bellissimo sorriso, ma troppo magro per poter rappresentare la salute. Voce profonda, ma stentata. Elegante, ma stentata. 
Potenzialmente potrebbe ambire a ricchezze e riconoscimenti, ma troppo insicura, troppo sempre troppo sempre insoddisfatta.
Con sua madre che sprona o regola, esercita o ossessiona, ma non riesce a contenere e quella esuberante, ne fa intuito, estro, ideale perduto, ma visibile in controluce.

Bella Lei. Ha capito tutto. Non ci si lascia sopraffare e dalla malattia e da tutto ciò ch'è estraneo, aggressivo, distante, invadente, irrispettoso, deturpante, egoista, menefreghista, indifferente, qualunquista, stoicamente inoculato.
Non sembrano aggettivi adatti a definire il cancro.
Come no?
Sua mamma conosce l'importanza delle parole, ma anche quella del ritmo, dell'opportunità di dirle o di tralasciarle. Lei anche, e ora le ha per sé - non rivela il male - e le conserva in attesa di vendetta servita come e se si potrà poi servirla.

Ora serve camminare su tappeti spessi, per non far rumore, per attutire il dolore. E quello sbuffa quando non lo si può tenere dentro, tenere a freno i nervi già tesi e le emozioni. Vorrebbe esser contagiata dalla stessa fredda impassibilità. E non sempre riesce. Narrano d'arte d'arrangiarsi, d'ironia che salva. E lei dispone di entrambe, ma sotto la patina dell'impulso si nascondono la coscienza e la consapevolezza d'esser debole. Sensibilissima. 
Sempre la mamma, quando la vedeva sofferente, non sapendo, diceva: 'Oggicosè?' tutt'attaccato, senza apostrofi.


di seguito una diapositiva di 'Come mi faccia attaccare facilmente, ma allo stesso tempo disintegri con altrettanta semplicità. Sniffatevela voi'.

Leggo, ascolto, penso, guardo tutto e piano, con la fatica che ne consegue. 
E rallento ancora. Piano. Più piano. E chiudo. Occhi. E apro. Sensi. 
Almeno per ora.