lunedì 27 dicembre 2010

voyage dans la lune


Ha costruito tanti modellini, ha disegnato tanta scenografia di carta, dipinto tutte le mani dei trucchi spettacolari alla luce della lanterna magica, ha dato forma ai suoi sogni di bimbo, mosso mani che sembravano morte, acceso occhi che erano ormai vuoti, regge, sostiene ancora il tempo, vola la sua testa sulle linee di quel pentagramma, riavvolge e raggiunge l'equilibrio, sta per cadere di sotto, ma si aggrappa e si salva… avrai successo dice quella faccia, non ridere, non buttare l'umorismo, tienilo stretto, vedrai ti tornerà utile. Ora splende, ora si rabbuia, ora sorride, ora storce la bocca in un ghigno sinistro. Lancia un ultimo avvertimento: abbandona la nave, interrompi le battaglie marine, guarda sù, il mio bagliore ti renderebbe visibile a tutti gli aerei nemici, fermati e sali, sarai il primo uomo sulla luna, non credi che questo renda tutto il denaro del mondo? Attende un attimo, si guarda intorno, vorrebbe contestare la lunghezza del cammino, ma lei ha già soffiato una scia argentea su cui muovere i primi passi e lui… comincia a costruire quella sequenza mirabile e ricama metri di tessuto e monta il buco, taglia incolla sovrappone, riavvolge con pazienza e precisione, vieni, vieni, investi il mio occhio, apri la voragine e duplica il piacere, stappa e beviamo, gratta e raschia via la tristezza, stanotte non voglio ascoltar musica noiosa, non voglio guardare cortei nuziali. È cominciata. Inaspettata eclissi, lei davanti a lui, taglia, incolla, sovrappone, riavvolge con passione e dedizione; gira, ricostruisce il teatro di posa, si avvale di protagonisti inventati, sposta le nuvole, ammicca e invita al nuovo incontro attraverso l'impossibile: pieno, decresce, quarto, cresce, pieno… a risentirti.

ai viaggiatori incalliti…

mercoledì 22 dicembre 2010

a caso


Lasciatemi! Rinchiuso, interdetto, spento. Whichever I choose, it amounts to the same. Lasciatemi… qui. Sbraita, si contorce, poi cede e si adagia. Ricorda. Prospettiva barcollante, ondeggia e stringe le mani alla sorte. Ma che fa? Possibile che sia così indifferente, così freddo, così distaccato. Quale possa essere la ragione, non sa e non la spiega. Forse non c'è. Non serve. O la rifiuta. Io grido, mi agito, percuoto e strizzo le viscere e scalcio, e soffoco, tante son le lacrime, in groppo, sulla gola, giuro vendetta, mi ostino nella ricerca di una soluzione, dell'assoluzione… lui no. Dentro e fuori. È nel mondo. Assurdo già di suo. È il suo mondo, e in quello si identifica. Ho un coltello. No, l'unica scorciatoia ammessa, veloce e indolore, tempestiva e sorprendente: pistolettata che incide e brandisce con lucidità e senza alcun rimorso, a privare quella prigione dell'unico sprazzo, a violare l'emozione, solido fino alla fine, fermo nella tempesta… lasciatemi nell'abiura. Volete assistere? Prego, fate pure. Sono estraneo, pietra o marmo scolpito, costruzione mentale potentissima, l'idea che erige un muro che non si sgretolerà sotto i vostri attacchi, che aprirò in fuga e in difesa a quel che capita, a ciò che non ha senso, la mia vita, la morte… l'ora senza nome, quando i rumori della sera salivano da tutti i piani della prigione in un corteo di silenzio.

a Robydick amante del bel cinema, a Jafar Panahi amante della libertà

lunedì 20 dicembre 2010

ci vorrebbe un'amica

Io penso che questo paese avrà un futuro. E sarà governato dalle donne - Erri De Luca


Caterina e Maria reggiate le redini del potere. Regniate e tessiate le lodi delle vostre terre su arazzi, ammirando i quali io possa, riscrivere e trasferire il mito di Artemisia. Oh, regina, grande coraggio e ardore infuocarono il tuo petto allorché dovesti scegliere e azzardare una battaglia e vincesti, oh, sì, ingannasti il maschile orgoglio e lo innamorasti, facendone schiavo, amante, marito, amico. Ti invoco ora, torna ad animare le menti e gli occhi di povere e sopite donnette, occupanti seggi importanti e ministeri potenti, collegati alle loro facoltà e consegna loro la radice ancestrale del culto della grande madre. Ella non fatica a carpire il mio messaggio, segue la traccia del mio racconto, non teme l'ambientazione futura. Odo già l'eco di antiche civiltà, mentre sopraggiunge e vedo, attraverso la mia immaginazione, lo scontro ferale, mitologico e visionario: ella riscatterà l'eterno Principio femminile. Spunta dietro una nube scura la luminosa falce, su una punta dolce-venere dondola, scivola e si unisce all'altro estremo forte-marte. Ne risulta un tenace intreccio ripulito e restituito all'antico splendore che ricalca ed esalta il disegno delle origini, tagliate e strappate, ma ricucite e restaurate, per riportare alla luce, oggi, la storia leggendaria e reale dell'amore e della grandezza della regina per il suo Mausolo e proiettare, domani, le figure possibili delle donne ribelli e sollevate dal giogo maschile. Qual è il tuo nome? Chimera. Ho il compito di proteggere il Prodigio perché non venga schiacciato e favorirne la realizzazione ogni qualvolta voi lo vogliate. Metamorfosi si rivelerà. Vi farete libere e crescerete, e vi farete copie, in abbondanza ed inesauribile ricchezza verbale, riproducendo e rimandando il sacro fuoco al mondo nel suo fluire incessante. Corpo di donna e grazia divina. Sintesi perfetta sulla quale pongo l'accento e nella quale si combinano sogno e natura. Qui la traduco in favola. C'eran due ragazze particolari che divennero presidenti nei loro paesi… oggi son più di due, son tante.



Oggi ho ricevuto da milioni di brasiliani e brasiliane la missione più importante della mia vita. Questo avvenimento, al di là della mia persona, è una dimostrazione del progresso democratico del nostro paese: per la prima volta una donna sarà presidente del Brasile. È il momento di sottoscrivere quindi il mio primo impegno post-elettorale: onorare le donne brasiliane affinché questo avvenimento, finora inedito, si trasformi in un evento naturale. Che possa ripetersi e ampliarsi nelle aziende, nelle istituzioni civili, nelle entità che rappresentano tutta la nostra società. L'uguaglianza di opportunità per uomini e donne è un principio essenziale della democrazia. Mi piacerebbe molto che oggi i padri e le madri guardassero le proprie bambine negli occhi e dicessero loro: SÌ, le donne ce la possono fare!

mercoledì 15 dicembre 2010

bugiarda

Gli uccelli attaccano un chiasso atonale
non sincopato
da un albero all'altro,
canti di rugiada
le cui canzoni non hanno parole
da un albero all'altro
quando la notte si mette le sue lenti scure,
una su questa fronda, altre due là dietro.

- Le parole, come tutte le cose, colte nella loro finitudine.
Qui iniziano, qui finiscono
per quanto in alto si sollevino -
io lo so, e questo è il mio castigo,
e non amo mai nulla così tanto
da imprimere in me un marchio
e calarmi di colpo nella beatitudine.

Charles Wright

È una fase delicata. Uno di quei giorni in cui, quello che hai sempre desiderato è calpestato, quello che non avresti mai considerato si sta avverando, ciò che consideravi un cimelio da mettere all'asta non rende un centesimo, ciò che avresti venduto, appena acquistato, ti regala un sorriso a sorpresa. Sì ma mi diverto poco in verità. Ed è per rendere omaggio alla mia secolare indecisione che entro, mi guardo intorno, mi siedo cinque minuti, cerco nel menù qualcosa che mi piaccia, tanto ma troppo costoso, mi alzo, per niente a disagio, scivolo via e fuori alzo gli occhi all'insegna luminosa, smorfia di curiosità, come se non l'avessi mai vista. Questa è la scena mia preferita. Sembra un messaggio cifrato. Ma no, sei tu che credi che esista una comunicazione perfetta scritta. Io devo guardarti in faccia, cancellare ogni traccia di contraddizione, con una manata spostare tutti i fraintesi, evitare che si corrompa ogni utilizzo di inflessione, stabilire un rapporto stabile tra parola ed espressione, una convergenza e concordanza di codici di comportamento… voglio una pacifica ricezione di ogni tuo gesto. Ma se riesci ad essere talmente infida e oscura che nemmeno tu, rivedendoti, saresti in grado di riconoscerti! Oh, però ti diverti!

Sei il termine ultimo di un processo mistico. Metto fine alla serie di presagi e prendo posto insieme all'assoluto. Sostituisco ogni forma aliena, ti rendo fedele, enigma affascinante, unico scopo della vita, ma io avvolta dalla nube dell'incertezza, potrei in una sintesi suprema presentarti una o due, al massimo, ipotesi possibili relative alla natura del nostro amore, io incarnata e finita. No rinvio, ritrovo il mito, la metà di me non esiste all'infuori di me, nello slancio a possedere una verità potrei indebolirmi e perdere, sul serio, l'unica aspirazione, vera… alcune per anni, altre per un giorno.

Soltanto le cose inerti non aggiungono nulla a ciò che sono… la vita è il romanzo della materia.

lunedì 13 dicembre 2010

scomparto mente


Chiudi… ti rubo un bacio. Cos'hai scartato? Asso di cuori. In un laboratorio di nuove emozioni, tra una spiata attraverso la tenda accostata e una sbirciata fuori dal finestrino, scorrendo dal braccio appoggiato al tavolinetto fino al collo abbandonato alle tue labbra, hai avvicinato furtivo l'orecchio e hai rimarcato, lentamente, sillabandolo, l'ultimo invito a correre nel vagone ristorante. Lo sai non si può. Non ci credi nemmeno tu. Stralunata alternando voglie e ritrosia hai favorito invece le mie carezze, e ora nella poesia dell'allungata geografia delle tue gambe, sei addormentata e in pace. Io vado con la memoria ai miei estenuanti viaggi, di là del confine, attraverso i confini, in compagnia di improvvisati cacciatori e affabili prigionieri delle mie storie, nelle quali non ci sono catene, né divise, né marchi, né colpo in canna. Vagonate di bestiame che sprigionano un odore che fa perdere i sensi. Lasciali stare. Non serve riportare a galla tanto marcio. Non è marcio, abbiamo imparato a viaggiare? Siamo in grado di accogliere? È un'ossessione. Ti consiglierei di non pensar troppo… Io divago, mi perdo, arrivo fino alla motrice e mi accorgo ch'è disabitata. Faccio parte di un mondo a parte che ondeggia e sbalza ad ogni scossone, ad ogni cambio non proprio perfetto, fermi e sempre in moto, un corpo solo, un'anima sola, insieme di corpi e anime smembrate, quando varchiamo quegli scalini e sentiamo il pfuf dell'ermetica chiusura, diventiamo isola su parallele disunite, prevedibili, strane, eterogenee, imperscrutabili…

giovedì 9 dicembre 2010

lo-fi


Non amplificarti, li sento. Decido di tuffarmici a capofitto, di piedi non riesco. Voglio sentire l'acqua che separa in due direttrici la desolazione della mente. Sulla scena entrerò in silenzio, e la gente comincerà a intendere, dapprima, un carillon sfibrante, poi di seguito, pian piano, quasi come una parabola ossessiva, la discesa tra i flutti, incessanti, ripetuti, manovrati ad arte, a sommergere e a quietare. Tutto ciò che non sarà mai possibile in realtà, in sogno io posso. Trasognato e straniante il mio abbandono in un eremo da me stesso costruito, in cima a quei rami, al di là delle fronde, solitario e fiero, distante dall'affanno, affondo le mani nell'ideale nuotare, tocco col dorso e con i palmi sui quali mi si è sviluppata una resistente cartilagine, solco i mari, abbatto la soglia temporale, annullo le distanze, maestoso pesce, avvolgo e m'inarco in spire sinuose in un crescendo febbrile, m'abbasso al passaggio di frotte luccicanti e sontuosamente vestite a festa… riprendo vigore, mi sfianco, mi mescolo, mi lascio accarezzare da spugne e coralli, sobrio e alimentato da nuova fiducia, mi lascio trasportare dalla corrente amica. Ma quella tradisce, mi sputa fuori in un vortice sempre più alto. Acqua e aria si incrociano a formare un muro celeste e grigio, tempestoso e pacifico s'erige, disordinando e accompagnando il mio volo, poi a un tratto si spegne e flebile mi depone per terra a ripensare alla forza d'urto e alla quiete successiva. Fiume, rapide, tappeto verde, magnolia in fiore…

lunedì 6 dicembre 2010

sconsacrata

Ci risiamo, eh? Sì come uno più uno fa uno. Solo uno. Non è una legge imposta. È la mia. E maledetti il giorno e l'istante in cui mi ritrovassi a pensare il contrario. Ed è già capitato. Il fatto è che non dovrei mai dimenticarmi, non dovrei mai… illudermi che con il solo desiderio di ridisegnarmi tutto un nuovo abito addosso possa esser un'altra. Sono una illustratrice, è questo il danno maggiore. E cos'è questo nuovo ritratto? Chi è? Fuori dai contorni c'è tutto un paradiso, potrebbe esserci una diversa realtà, e invece no, non c'è nulla di più autentico di quell'espressione famelica appuntata sulla fronte di quella donna divorata dal bisogno di uscirne, di separarsene per sempre. Un fantoccio, ecco cosa sei. Vivi nel terrore della denuncia, del sospetto e della menzogna. Non sarai mai una ribelle, vivi storie di abisso, eresie e frustrazioni, paranoie e scosse private con frequenza disumana. Sporchi, vìoli e forzi con inaudita violenza quel bel cassettone passato di madre in figlia… tutto il corredo, lenzuola finemente ricamate che non vedranno altro che ombre sfuggenti, o semplici comparse. Quando ti deciderai a mettere la testa a posto? Rimane inascoltato l'appello. Incarognita e imbruttita ti impaludi in un soliloquio da ore, giorni, anni; stai girando in tondo, senza pausa, caviglie, sottili, ormai inesistenti chiuse in anelli di metallo che mordono, divorano, spendono, sperperano. È il mio regno, cosa vuoi? Faccio un'ultima pazzia, poi basta. Calo giù e nel fiume infestato delle mie stesse frustrazioni, mi sobbarco di altra scostante e depravata solitudine, conio una nuova moneta, figura poco sacra come effigie: ennesima caduta di stile, ma è il mio, luce intermittente e cortocircuito di eleganza e bon-ton! Questa non è democrazia. Son tiranna del mio deserto.
… il disegno era il mezzo per trasfigurare il mondo… Come se la vita, quale che sia, ricreata dalla punta della mia matita, assumesse all'improvviso la sua autentica importanza e il suo vero significato: quello della realtà.


In ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove. Dietro di loro la traccia aperta si richiude.

giovedì 2 dicembre 2010

con dedica


Lo apro, e la consulto, come fosse bussola, come fosse vento. Ed è direzione, nella quale m'inoltro, e raccolgo e li percorro, tutti questi codici. Ne estraggo tanti. Eppure tale percorso dovrebbe essere inquadrato. E invece non incontro ostacoli, non m'imbatto in fil spinato. Il mio sentiero è lungo e si fa sconfinato. La mia poesia può essere considerata femmina, è naturale, sono una donna. Eppure il mio percorso di crescita comporta il raggiungimento di una fase più matura dell'impegno poetico, e compagno di viaggio è la mia metà-maschia, cammina insieme, e io accanto, di pari passo con il disimpegno di genere. E continuo a leggere. Transito lento lungo spazi illimitati, manifesti agi negati a me e ai miei talloni. In tutti i luoghi in cui andrò ci saranno un letto e una sedia e un tavolo. Leggere e amare e scrivere. Amare e leggere e scrivere. Prendi il primo, avvolgilo intorno al secondo, gira il terzo sul secondo. Non è forse un bell'intreccio? Ossessione e giustificazione. Il mio punto fermo. La mia fortezza inespugnabile. Un diario fedele. Apro le virgolette e riassumo in poche parole la mia vita prolissa, note che si fanno vicende, periodi che sono quotidianità; chiudi, ruota il paravento dei miei sentimenti, sintesi dei viaggi attraverso la passione e i suoi interpreti, personaggi e i miti della mia storia, immagine riflessa e modello che aumenta, allarga, arricchisce la nostra vita verso tutte le altezze e tutte le profondità… son distaccata, sola, in polemica e con una parte e con l'opposta, critica e aspra, sfogo la mia irritazione contro coloro che non riescono e non vogliono superare le barriere di classe, saltare le posizioni ideologiche, le confusioni e le matrici integraliste e intellettuali. Scavalco e mi fermo lassù a contemplare l'unità. L'amalgama delle differenze e non son più tali. E tutti di qua son nani. Quanti storpi, quanti decimati delle proprie facoltà. Guarda e io le vado incontro, si apre da sé. Io mi siedo là: guardo, canto, grido, piango. Mi confondo con l'immagine degli alberi e sono consapevole che qualcuno mi ascolta, qualcuno che esisterà tra duecento anni o che esisteva già trecento anni fa. Parla a me. Solo a me. Non l'ho cercata. L'ho trovata. È così che posso, quasi per caso, trovarvi quanto vi è di nuovo in me. Tonfo secco. Morirò in inverno. Son nata in inverno.

Crediamo pure
crediamo pure all'inizio della stagione fredda
crediamo pure alla rovina dei giardini del sogno
alle falci riverse ed intonse,
e ai grani imprigionati.
E guarda adesso, come nevica

a M. e G.